"Una metropoli di estinti organismi" – Paolo Lioy, 1865
"Uomo che ti aggiri tra queste pareti da cui trentamila millenni di storia delle antiche età della terra ti guardano; considera che tutta la storia dell'umanità, dalle origini a oggi, altro non è in confronto che la storia di un giorno e quella della tua esistenza la storia di un attimo, di un istante nell'infinito." – Remo Malinverni, 1963

All'interno della villa, dove un tempo trovavano riparo le carrozze, viene ospitato oggi un museo paleontologico di eccezionale valore a livello nazionale ed internazionale, il Museo "Pierluigi Malinverni".

A metà Ottocento, lungo il vicino torrente Chiavone bianco, è stato scoperto uno dei giacimenti paleontologici più importanti del secolo; la scoperta del sito viene fatta risalire all'anno 1852 e viene attribuita al barone Achille De Zigno, appassionato cultore di storia naturale, anche se le prime tracce di estrazione risalgono alla fine del Settecento. Il barone stesso diresse la campagna di scavo, promossa e finanziata dal conte Andrea Piovene, allora proprietario di Villa Godi.

Nel corso dei successivi quindici anni di scavo, vennero ritrovati fossili dallo straordinario valore risalenti all'Oligocene medio (30 milioni di anni fa) tra foglie di felci, molluschi, pesci e palme. La sensazionale scoperta divenne subito un caso tra gli accademici italiani tanto che nel 1868 venne ospitato proprio a Lonedo uno dei primi convegni paleontologici del neonato Regno d'Italia, al quale partecipò l'allora Ministro Quintino Sella.

I fossili del Chiavone ci raccontano di un lontanissimo passato in cui la valle del torrente era molto probabilmente una baia marittima salmastra-palustre immersa in un clima tropicale. Il fatto di essere comunicante sia con una vicina area di terra emersa a nord che con il mare aperto e con più corsi di acqua dolce che vi affluivano ha reso possibile la convivenza di numerose specie ittiche e arboree diverse tra loro, creando un ecosistema molto ricco e diversificato. Questo ambiente fu molto probabilmente sconvolto da delle eruzioni vulcaniche che avvelenarono l'habitat delle specie viventi, facendole sedimentare nel fondale che ha reso possibile il loro processo di fossilizzazione.

Oggi, all'interno del museo, sono conservate numerose specie ittiche sia provenienti da ambienti salmastri che da fiumi di acqua dolce e ben 352 specie arboree tra alghe, felci e soprattutto palme che numerose affollavano la costa dell'antica baia. Tra i ritrovamenti più importanti in questo senso spicca l'imponente palma fossile collocata orizzontalmente al centro del salone del museo, alta 9,85 metri.

Essa venne scoperta nel 1863 da un mezzadro del conte Piovene, Giovanni Artuso, che impiegò quattro anni per la sua estrazione. La palma, completa di radici tronco e foglie, viene considerata un reperto straordinario in quanto si tratta dell'esemplare più grande di Palma Fossile scoperto finora in Europa giunto fino a noi interamente conservato. Il fossile ha ispirato il poeta vicentino Giacomo Zanella, che nel 1877 compose la poesia "Le palme fossili nella villa de' conti Piovene in Lonedo / visitate colle alunne del collegio Dame inglesi di Vicenza nel novembre 1877".

Dal 1963 la raccolta del Museo venne riconosciuta e dichiarata di "eccezionale interesse paleontologico" dal Ministero.

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