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I fossili che costituiscono la collezione del Museo Pierluigi Malinverni provengono quasi tutti dal giacimento situato nell’area del Chiavon Bianco assieme al torrente Chiavon Nero, che si trovano nel complesso vulcanico del Marosticano Occidentale.
Il torrente nasce circa 1 km a nord dalla località Valle di Sopra e da lì si divide attraversando rocce prevalentemente calcaree e strati di detriti grossolani molto permeabili. Seguendo il percorso de Chiavon Bianco verso valle si incontrano strati rocciosi di origine diversa e di formazione sempre più recente: il Biancone( nella zona delle sorgenti, testimone della presenza di un mare aperto durante il Cretaceo inferiore), la Scaglia Rossa( nell’area di Valle di Sopra, roccia che al Cretaceo superiore), il Calcare di Pradelgiglio ( risalente all’Eocene), la formazione di Calvene( all’altezza della linea Valle Del Ponte- Valle di Sotto- Mare, originatasi fra Eocene e Oligocene) e infine la formazione di Salcedo, l’area dove si trova il giacimento da cui provengono i fossili presenti nel museo. Essa è composta da un complesso di rocce molto varie, per lo più carbonatiche e di vulcaniti. La sua datazione cronologica rimanda a 25-35 milioni di anni fa, al periodo dell’Oligocene Medio, nell’era Terziaria o Cenozoica. Durante questo periodo l’ambiente fisico-geografico del complesso Marosticano subì notevoli cambiamenti, vedendo svilupparsi aree marine poco profonde dove iniziarono a svilupparsi frequenti fenomeni di vulcanismo. Nel nuovo ambiente l’attività effusiva non era costante e durante le fasi di quiescenza si depositarono tra una colata e l’altra, dei livelli carbonatici molto evidenti e abbastanza continui su tutta l’area. Questi strati calcarei e calcareo-marmorosi non sono gli stessi che costituiscono il giacimento fossile del Chiavon Bianco. Oltre al favorevole chimismo delle acque marine, la peculiarità dei ritrovamenti fossili di queste zone (cioè lo stato di conservazione ottimale e spesso perfetto dei resti) se deve con ogni probabilità attribuire alle caratteristiche deposizionali dei sedimenti, che dovevano essere in genere tranquille e la velocità di sedimentazione molto alta. Si tratta di condizioni richieste in modo da non distruggere i resti organici in decomposizione.
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